29 gennaio, 2007

Denuncia di persecuzione e intimidazioni

San Cristóbal de Las Casas, Chiapas; Messico. 17 gennaio 2007

ALLA GIUNTA DI BUON GOVERNO DEL CARACOL DI OVENTIC
ALLE ORGANIZZAZIONI DI DIFESA DEI DIRITTI UMANI
AI GOVERNI STATALI E
OPINIONE PUBBLICA

Il Centro de Investigaciones Económicas y Políticas de Acción Comunitaria A.C. (CIEPAC), con sede a San Cristóbal de Las Casas, Chiapas; Messico, esprime e denuncia quanto segue:

CIEPAC è un organismo della società civile che lavora pacificamente e legalmente per la pace, la giustizia, la democrazia, l'autonomia e la difesa dei diritti umani dei popoli indigeni e contadini in Chiapas dalla sua fondazione nel 1998. Accompagna i processi organizzativi indigeni, studenteschi, contadini, ecclesiali, etc. con informazione, analisi, formazione e l'elaborazione di materiali di educazione popolare che aiutano il percorso degli stessi. Mantiene vincoli coi processi organizzativi a livello locale, nazionale ed internazionale che lottano contro l'ingiusto sistema neoliberale. Cerca ed appoggia la costruzione di alternative di vita dei popoli più poveri ed emarginati. Nella congiuntura attuale CIEPAC non solo ha firmato la Sesta Dichiarazione della Selva Lacandona, ma promuove e spinge l'Altra Campagna nelle comunità indigene e rurali in Chiapas, per rappresentare un'opzione reale di cambiamento a beneficio dei popoli.

Per questa azione di aiuto ed impegno sociale che abbiamo assunto, i membri di CIEPAC ed i nostri uffici sono stati oggetto di persecuzione e controllo. Quando il nostro personale si reca nelle comunità per svolgere il proprio lavoro, viene seguito da persone che viaggiano su auto con i vetri oscurati e dall'aspetto poliziesco. In varie occasioni, le case private di membri di CIEPAC sono state soggette di piantonamenti da parte di soggetti a bordo di veicoli sospetto senza targa.

Nell'ambito dello svolgimento dell'Incontro dei Popoli Zapatisti con i Popoli del Mondo svoltosi ad Oventic, i giorni 30 e 31 dicembre 2006 e 1 e 2 gennaio di 2007, le misure di sicurezza di CIEPAC hanno rilevato che il 31 dicembre, alle 9 del mattino circa, un individuo di aspetto poliziesco, di pelle scura, capelli neri, di statura media e che indossava un giubbotto di colore nero con la scritta INFINITUM sulla schiena, con uno zaino nero in spalla, stava forzando la porta principale dei nostri uffici. Questa ha due chiusure e l'individuo aveva la copia della chiave di una delle due chiusure, tuttavia non è riuscito ad entrare perché non è riuscito a forzare la seconda chiusura. Questa persona era accompagnata da un altro individuo che l'aspettava all'interno di un'auto Volkswagen di colore rosso che sostava alla porta dei nostri uffici.

Questo ultimo fatto si inserisce nel contesto dell'incremento di azioni di persecuzione e repressione contro organizzazioni che lottano per una vita degna in Chiapas e in tutto il Messico. Nell'ultimo anno, moltissime comunità, organizzazioni, collettivi, famiglie ed individui sono stati oggetto della repressione brutale come risposta dei malgoverni alle istanze sociali, e CIEPAC non fa eccezione.

In tutte le occasioni in cui c'è qualche evento in relazione con l'EZLN, veicoli con vetri oscurati, senza targhe e con radiotrasmittenti, insieme a pattuglie e motociclette della polizia municipale di San Cristóbal de Las Casas, piantonano i nostri uffici. Siamo riusciti ad individuare alcune targhe delle auto che ci controllano: una Jeep color caffè targata DMT 4966 (e decalcomania DLW 2430), un combi di colore bianco targato DMT 4970, ed un camioncino pick-up bianco che di solito sosta all'angolo di 5 de Mayo e 5 de Febrero, dove si trovano gli uffici del Centro di Investigazioni per la Sicurezza Nazionale (CISEN).

Un altro caso di intimidazione nei confronti di CIEPAC si era verificato il 5 agosto 2006, quando sconosciuti hanno rotto a sassate il vetro dell'automobile Dodge Stratus modello 1998, di proprietà di uno dei nostri compagni. In quell'occasione gli individui non hanno prelevato nulla dall'auto, nemmeno la rado che si trovava ben in vista.

Il 30 ottobre 2006 all'1 del pomeriggio, quando uno dei nostri compagni di CIEPAC si trovava fuori città per una riunione di lavoro, tre uomini a bordo di una camioncino pick up di colore bianco e che si sono identificati con cartellini dell'Azienda Municipale dell'Acqua Potabile e Fognature (SAPAM) hanno tentato di forzare la porta della sua casa privata. Il portiere di turno notando la presenza di queste persone, si è avvicinato ed ha chiesto loro che cosa stessero facendo, e loro risposero: "il proprietario di questa casa non ha pagato l'acqua", quando il nostro compagno puntualmente paga (e lo può dimostrare dalle ricevute). Il portiere ha risposto: "questo non è un buon modo di procedere, meglio sarebbe parlare con lui o voi sarete responsabili del vostro operato". Al che uno degli individui ha risposto: "allora apri tu, o apriamo noi". Non riuscendo a convincere il portiere, gli individui si sono ritirati.

Di tutto questo CIEPAC ritiene responsabile l'ex presidente Vicente Fox Quesada e l'attuale Felipe Calderón Hinojosa; l'ex-governatore Pablo Salazar Mendiguchía e l'attuale governatore Juan José Sabines Guerrero. Denunciamo questi malgoverni e invitiamo la Commissione dei Diritti Umani dell'Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU) e gli organismi internazionali come Amnesty International ad indagare su di loro e denunciarli.

CIEPAC non crede che questi governi assassini e persecutori indaghino su se stessi né puniscano i propri sicari, poliziotti, ed agenti segreti. Non ci fidiamo di queste istituzioni perché non hanno fatto niente rispetto alle molteplici denunce e proteste presentate da organismi messicani ed internazionali di difesa dei diritti umani. Per questo, non chiediamo che il governo indaghi su questi casi, né gli chiediamo misure cautelative perché manderebbero solo più poliziotti a vigilarci.

Portiamo a sua conoscenza che CIEPAC rafforzerà le sue misure di vigilanza e sicurezza e, in coordinamento con le comunità degli Altos del Chiapas con le quali lavora, invierà le fotografie e le testimonianze necessarie affinché le Giunte di Buon Governo e le Commissioni di Onore e Giustizia che veramente impartiscono giustizia, decidano che fare con questi nemici del popolo.

Nello stesso tempo, esortiamo i nostri compagni e compagne della solidarietà internazionale a mantenersi vigili, a fare pressioni sui loro governi e sugli organismi internazionali difensori dei diritti umani, per denunciare il governo messicano per gli atti di repressione e le ingiustizie contro i nostri popoli, fino ad ottenere un Messico più giusto, democratico e libero per tutti e tutte. Ratifichiamo il nostro impegno di proseguire nella costruzione e nello sviluppo dell'Altra Campagna e delle alternative al modello neoliberale.

Distintamente,
L'équipe di CIEPAC
Responsabile della comunicazione: Onésimo Hidalgo Domínguez

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Gli indesiderati

da Blog AmericaLatina
Una delle notizie taciute di questi giorni è l’espulsione in massa dei salvadoregni dagli Usa. A partire da lunedì è giunto un volo quotidiano di rimpatriati, cacciati dagli Stati Uniti per la mancanza di legali documenti di residenza. La quota ha già superato solo in gennaio di gran lunga il dato di tutto il 2006: 1300 fogli di via contro 757.Il frustrato sogno americano significa un forte colpo per l’economia salvadoregna. Sono infatti due milioni e mezzo gli emigrati –leciti e non- che vivono negli Stati Uniti, le cui rimesse nel 2006 hanno toccato i 3315 milioni di dollari, pari al 16% del prodotto interno lordo del Salvador.Esiste un piano da parte delle autorità statunitensi di ridurre la presenza di emigrati anche in questa maniera. Non solo costruendo muri, quindi, ma anche setacciando l’interno del Paese alla ricerca di emigrati privi di permesso. Il servizio di migrazione espellerà una media di 600 salvadoregni per settimana durante tutto il 2007, senza importare i legami famigliari. Questo significa che se una madre ha fatto entrare un figlio in maniera illegale, i due dovranno separarsi. La legge, infatti, non guarda in faccia nessuno e l’unica cosa che importa è quella di sfoltire il numero di presenze degli ispani emigrati.Per le autorità statunitensi è anche un modo per liberarsi di molti indesiderabili. Tra i rimpatriati, infatti, ci sono anche centinaia di pandilleros. Per un paese come il Salvador, che soccombe sotto i colpi della violenza quotidiana, non è certo una bella notizia.Stessa storia per i guatemaltechi, come riporta la BBC : http://news.bbc.co.uk/hi/spanish/latin_america/newsid_6301000/6301193.stm con una domanda formulata da Byron Vásquez a cui ci piacerebbe dare una risposta: “Perchè un cubano che arriva negli Usa appena posa piede è considerato un rifugiato, mentre un guatemalteco che vive da 20 anni negli Usa scappando da una guerra che gli Stati Uniti provocarono, finanziarono e mantennero non lo è?”.

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18 gennaio, 2007

Honduras: legname, denaro e omicidi

da "il manifesto" del 16 Gennaio 2007
terraterra
Luca Martinelli

La denuncia arriva dal Movimento ambientalista dell’Olancho (Mao), in Honduras. «Sono già passati 20 giorni dall’omicidio dei nostri due compagni, ma fino a oggi il Pubblico ministero e la Direzione generale d’investigazione criminale (Dgic) non hanno avviato le indagini o raccolto prove». Heraldo Zuniga e Roger Ivan Cartagena, due attivisti dell’organizzazione che lotta contro il taglio illegale delle foreste del Paese centroamericano, sono stati ammazzati a Guarizama il 20 dicembre scorso. Tanto Zuniga quanto Cartagena, insieme ad altri leader del Mao (tra cui il sacerdote salvadoreño Andrés Tamayo, premiato nel 2005 con il premio nobel alternativo per l’ambiente -il Goldman prize- per il lavoro del movimento contro il taglio illegale) avevano ricevuto negli ultimi mesi numerose minacce di morte. L’autore materiale del delitto - avvenuto di fronte alla sede del municipio - non è misterioso: si tratta di Juan Lanza, sergente della Polizia nazionale. Secondo il Mao, ha agito al soldo delle imprese che tagliano ed esportano illegalmente il legname dell’Olancho (le più importanti sono cinque:
Aserraderas Sansoni, Playwood, Yodeco, Lamas e Lardizaval). Il legname pregiato tagliato nei boschi dell’Honduras viene poi esportato negli Stati Uniti, in Europa, in Messico, in Giappone. Tra i maggiori clienti ci sono i grandi magazzini Usa del fai da te Home Depot. In un comunicato diffuso nei giorni immediatamente successivi al doppio delitto, il Mao ha segnalato che il giorno prima di morire «Heraldo aveva manifestato la propria preoccupazione per le minacce di morte ricevute da parte dei madereros di Salama» (impiegati dell’impresa Sansoni). Anche la Corte interamericana per i diritti umani (Cidh) aveva ordinato al governo dell’Honduras di fornire protezione a Heraldo Zuniga. Il governo non aveva provveduto «e adesso ne vediamo i risultati», attacca il Mao. Secondo l’organizzazione ambientalista, Zuniga -che non è morto sul colpo- prima di spirare ha accusato i madereros di essere i mandanti dell’omicidio e di aver pagato Juan Lanza per imboscare e uccidere i due attivisti del Mao. Secondo la Polizia, invece, Zuniga e Cartagena avrebbero forzato un posto di blocco, e per questo gli agenti hanno sparato contro la loro auto. La vettura, però, è stata ritrovata a cinque km di distanza dal luogo del delitto e senza i segni evidenti di un conflitto a fuoco. Intanto il sergente Lanza è scomparso, e il pubblico ministero non ha sottoposto ad autopsia i due corpi. Tra i messaggi di solidarietà ricevuti dal Mao, c’è anche quello della Pastorale sociale della Caritas delle diocesi di Juticalpa. Attraverso il direttore padre Miguel Martinez ha ricordato che «Juan Lanza è conosciuto come uno dei più grandi delinquenti del municipio di Guanaco (...). È fratello di Pablo Padilla Galeas, maderero del municipio di Gualaco, e già in passato aveva commesso delitti contro leader ambientalisti della zona».In un comunicato diffuso il 10 gennaio, il Mao denuncia la connivenza tra l’industria del legname e gli apparati dello stato, causa del mancato avvio delle indagini («Il potere del denaro e lo scambio di favori sono il combustibile dell’impunità in Honduras»); una complicità già provata -lo scorso anno- da un rapporto dell’Agenzia per la ricerca ambientale (Eia, un’organizzazione non governativa britannica) e del Center for International Policy che metteva in luce i numeri del commercio illegale (vedi terraterra 7 gennaio 2006). L’Olancho è infatti la riserva forestale del Paese centroamericano. Nei suoi confini c’è il 50% del legname del Paese, ma ogni cinque minuti si distrugge un ettaro di bosco. Tra il 1990 ed il 2000, l’Honduras ha perso circa il 10% della propria superficie forestale (che, nel 2000, era di 5,4 milioni di ettari). Solo dai confini dell’Olancho ogni giorno escono 120 camion carichi di legname tagliato illegalmente.Governo, amministratori pubblici e gli imprenditori più ricchi e potenti del Honduras hanno formato un cartello, che in nome del profitto sta mettendo a rischio le risorse forestali e l’assetto idrogeologico di interi dipartimenti del paese.

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06 gennaio, 2007

Honduras, assassinio per il legname illegale

da Altreconomia.it
di Luca Martinelli
Heraldo Zuniga e Roger Ivan Cartagena, attivisti del Movimento ambientalista dell’Olancho (Mao) in Honduras, sono stati assassinati il 20 dicembre scorso. Il delitto è legato alla lotta contro il taglio illegale del legname che l’organizzazione porta avanti nel Paese, come già denunciato a più riprese dal leader del Mao Padre Andrés Tamayo (vedi Altreconomia nel novembre 2004). Il legname dei boschi dell’Honduras viene esportato negli Stati Uniti, in Europa, in Messico, in Giappone. Tra i maggiori clienti, i grandi magazzini Usa del fai da te Home Depot. L’esecutore materiale del doppio omicidio -avvenuto di fronte alla sede del comune di Guarizama- è Juan Lanza, sergente della Polizia nazionale. Secondo il Mao ha agito al soldo delle imprese che tagliano ed esportano illegalmente il legname dell’Olancho (le più importanti sono cinque: Aserraderas Sansoni, Playwood, Yodeco, Lamas e Lardizaval). La regione è la riserva forestale del Paese centroamericano: secondo un recente rapporto dell’Agenzia per la ricerca ambientale (Eia, un'organizzazione non governativa britannica) e del Center for International Policy (Cip), nei suoi confini c’è il 50% del legname del Paese, ma ogni cinque minuti si distrugge un ettaro di bosco. Tra il 1990 ed il 2000, l’Honduras ha perso circa il 10% della propria superficie forestale (5,4 milioni di ettari, in totale, nel 2000). Governo, amministratori pubblici e gli imprenditori più ricchi e potenti del Honduras hanno di fatto formato un cartello che in nome del profitto sta mettendo a rischio le risorse forestali e l'assetto idrogeologico di interi dipartimenti del paese. Solo dai confini dell’Olancho ogni giorno escono 120 camion carichi di legname tagliato illegalmente. In un comunicato diffuso nei giorni successivi al doppio delitto, il Mao ha segnalato che il giorno prima di morire per mano dei sicari “Heraldo aveva manifestato la propria preoccupazione per le minacce di morte ricevute da parte dei madereros di Salama (impiegati dell’impresa Sansoni)”. Anche la Corte interamericana per i diritti umani aveva ordinato al governo dell’Honduras di fornire protezione a Heraldo Zuniga. Il governo non aveva provveduto “e adesso ne vediamo i risultati”, attacca il Mao. Secondo l’organizzazione ambientalista, Zuniga -che non è morto sul colpo- prima di spirare ha accusato i madereros di essere i mandanti dell’omicidio e di aver pagato Juan Lanza per imboscare e uccidere i due attivisti del Mao. Secondo la Polizia, Zuniga e Cartagena avevano forzato un posto di blocco e per questo gli agenti hanno sparato contro la loro auto. La vettura, però, è stata ritrovata a cinque km di distanza dal luogo del delitto e senza i segni evidenti di un conflitto a fuoco. Intanto il sergente Lanza è scomparso, e il pubblico ministero non ha avviato le indagini né sottoposto ad autopsia i due corpi. Tra i messaggi di solidarietà ricevuti dal Mao c’è quello della Pastorale sociale della Caritas delle diocesi di Juticalpa, che attraverso il suo direttore padre Miguel Martinez ha ricordato che “Juan Lanza è conosciuto come uno dei più grandi delinquenti del municipio di Guanaco […]. È fratello di Pablo Padilla Galeas, maderero del municipio di Gualaco, e già in passato aveva commesso delitti contro leader ambientalisti della zona”.

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